Benuzzi & Zucchini - Benuzzi & Zucchini

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COMUNICATO STAMPA

Con lʼabbinata Benuzzi & Zucchini la galleria Art Forum ripropone due artisti rappresentativi della realtà bolognese in scena già a partire dalla seconda metà degli anni ʼ70 con allʼattivo diverse personali nelle migliori gallerie cittadine e nazionali. Un particolare destino li accomuna in quanto entrambi protagonisti di quel fenomeno artistico che la vecchia GAM ha tenuto a battesimo nel gennaio 1980 con lʼetichetta di Nuovi-nuovi a guida di Renato Barilli. Un drappello dʼartisti che con la Transavanguardia e lʼAnacronismo contribuì, dopo anni di disattenzione per la pittura, al riaffermarsi del referente, complice un iconico narrare capace di superare lʼimpasse del decennio precedente dominato dai paladini dellʼazzeramento sensibile (in linea con gli imperativi minimalisti, concettuali, modernisti).
Per lʼoccasione Benuzzi dopo una lunga fedeltà ai supporti lignei espone alcune opere su carta: cambiano i supporti ma non muta lʼimprinting panico. Eʼ il caso dʼAmore assaggia le spine della morale una pagina dove il mito di Cupido è ribaltato giacché non è più il figlio di Venere a punzecchiare il prossimo con le sue frecce bensì sono le spine di uno stelo di more arimanere conficcate nella rosea pelle dellʼamorino alato che, incauto, come un cardellino sʼavvicina al rovo di more. Con Herzogspitze si torna ai supporti lignei ravvivati di recente dallʼintroduzione di fondi assoluti come pitture pompeiane ottenuti tramite vernici da carrozzeria che luccicano simili a lacche - mentre lʼimpianto narrativo è realizzato con la consueta tecnica cara a Benuzzi: un mix di smalti e farina setacciata sì da rendere le superfici carezzevoli come preziosi velluti. Iconograficamente parlando siamo di fronte ad un omaggioal regista Werner Herzog visto che spiattellato in primo piano (sullo sfondo un aranciatoorizzonte alpino) sʼerge la sagoma allarmante di un cobra verde pronto a colpire dritto negli occhi. La citazione è pressoché letterale se indichiamo tra i film del regista tedesco titoli come Grido di pietra dedicato allʼalpinismo e Cobra verde, appunto. Lady Fucsia/Mer de Glace dilata fotograficamente un frame di un recente video presentato da Benuzzi la scorsa estate nelcorso della manifestazione Videoart Yearbook. Ecco allora una stampa lambda arricchita da minimi interventi “pittorici” a conferma della già indagata analogia pascoliana che associa la morfologia di certi fiori, di fucsia nella fattispecie, a quelle delle campane il cui suono, a differenza del video comunque riproposto, è qui suggerito per immagini. Eʼ poi la volta diAnyone can play guitar – titolo pescato nel repertorio dei Radiohead – una scultura oggetto dal profilo ondulato a metà strada tra una chitarra rinascimentale e una cetra – opportunamentelaccata come impone la liuteria contemporanea – dove lʼoblò al centro della cassa armonica è rimarcato da un rosone di sardine.
Venendo al mondo blandamente fantasmatico rincorso con pudore da Giorgio Zucchini, èagevole stimare come da diverso tempo in qua la sua ricerca privilegi una sorta di proustianaricerca del tempo perduto. Piccoli appunti di un passato a portata di mano vagheggiato attraverso sbiadite superfici che alludono ad affreschi slavati dal tempo, dal vento e dallapioggia, sì che le sparute figure paiono emergere dalla tela simili ad ombre evanescenti, larvali ricordi. Altrimenti, sempre lì lì sul punto di svanire, ad imporsi timidamente allo sguardo è unhorror vacui (che potremmo dire seriale) caratterizzato da tele zeppe dʼimpronte che galleggiano acquose, in fila una accanto allʼaltra, come inchiostri sulle umide praterie che sonole tele di Zucchini. Per lo più si tratta di ricami e centrini pizzicati in chissà quale mercatino delle pulci, magari la domenica mattina in Piazza Santo Stefano: merci dʼaffezione teatralmente accumulate sulle bancarelle nei giorni di festa. E del resto una sorte simile toccherà ai simulacri di foglie rinsecchite - e fiori o altri lacerti naturali piume incluse - che come poggiate vanno impressionando le acquerellate superfici dando così vita, come per incanto, ad una versione liricamente pittorica che per certi versi rammenta i famosi rayographsdi Man Ray ma che dʼaltra parte rimanda pure ai souvenir botanici che sʼè soliti abbandonare ad ingiallire tra le pagine dei libri. Eʼ il caso del pressoché monocromo (color fragola) Piccolebacche rosse a forma di campana o, facendo un passo indietro, di Una mattina molto fredda digennaio un dittico vagamente gozzaniano che dispiega un trionfo dʼarabeschi provenienti dalmondo domesticamente incantevole dei ricami cari alle nostre nonne (dai toni color seppia, vada sé). Insomma, piccole storie marginali fatte dʼuna materialità spicciola e perciò stesso poetica.

[Testo di Valerio Dehò]