Oriente cubano - a cura di Carmen Lorenzetti

Foto 1
Foto 2
Foto 3
Foto 4
Foto 5
Foto 6
Foto 7
Foto 8
Foto 9
Foto 10
Foto 11
Foto 12
Foto 13
Condividi

COMUNICATO STAMPA

La mostra pone l’attenzione sulla produzione artistica più giovane di Santiago di Cuba e apre nelle stesse date della mostra istituzionale intitolata Arte dall’Oriente Cubano che si terrà al Baraccano di Santo Stefano a Bologna, che è patrocinata dall’ambasciata cubana in Italia, oltre che dai partner istituzionali della Regione Umbria e Regione Emilia Romagna e Comune di Bologna. Si tratta di un omaggio alla città orientale che ha subito nell’ottobre del 2012 le conseguenze devastanti del terremoto probabilmente dimenticato dalla nostra memoria a breve termine, rispetto al quale tuttavia i suoi cittadini hanno cercato di risollevarsi continuando a lottare e lavorare.
La scelta di mostrare l’arte di una parte del paese è dettata dall’omogeneità delle sue caratteristiche, in particolare l’arte di Santiago è legata in modo indissolubile al gusto della narrazione, rivestita dell’aura e del mistero della metafora che arriva finanche al paradosso. E’ quel meraviglioso di cui parla Alejo Carpentier ad essere insomma il protagonista della figurazione dei quadri e anche delle sculture d’Oriente. Le immagini qui tornano ad essere il modo principale con cui si snoda un racconto, il segno dell’affabulazione, l’incanto della parola, che sottostà al dipanarsi della storia. La mostra inizia con le immagini di street photography di Eugenio Pastó Botta (Santiago, 1984), che nella serie Santiago Mia, riprende con piglio deciso e puntuale i personaggi che popolano la città con un bianco e nero limpido che rende omaggio alla tradizione documentaria cubana degli anni ruggenti della rivoluzione (si pensi solo a Korda ad esempio). Si continua con i tranches-de-vie dei disegni acquarellati freschi e vivaci di Agustín José Jiménez Chacón (Santiago, 1983), che riprendendo una pratica antica compone i supporti cartacei da solo anche con materiali organici. Le sapienti incisioni di Joaquín Bolívar Thomas (Santiago, 1980) raccontano con essenzialità di mezzi la solitudine dell’adolescenza. Seguono i dipinti di Pedro Valerino Martínez (Manzanillo, Granma, 1981), d’un astrazione dai colori brillanti che idealmente cancella parole poetiche per creare percorsi essenzialmente spaziali come hanno storicamente fatto Emilio Isgrò e Marcel Broodthaers con un severo bianco e nero. Ancora quadri con José Antonio Fernández Couso (Santiago, 1992) che dipinge da “medialista” dei nostri tempi, riferendosi quindi ad immagini dei quotidiani o della televisione e raccontando le storie dell’infanzia povera e difficile dei quartieri marginali della sua città. Infine Eliezer Silega Ramos (Santiago, 1992) è un artista eclettico, che tra le diverse pratiche che utilizza, predilige comunque l’installazione. In mostra presenta il video di una sua performance dove costruisce un castello di sabbia nella piazza storica della città, ricordando una pratica dell’infanzia che invita i giovani ad una presa di responsabilità. L’installazione invece, che si centra sul problema dell’abitare, riporta la sigla dell’artista, la casa, il focolare domestico, il nucleo degli affetti e della crescita dell’essere umano, il titolo della sua serie di opere, tra cui rientra anche questa, infatti è El patio de mi casa es:….(Il cortile di casa mia è:…).
[Testo di Carmen Lorenzetti]

Download PDF